Uno dei diritti fondamentali della persona, non a caso costituzionalmente garantito all’art. 13, è la libertà. Essa è “inviolabile”, recita la carta fondamentale, non essendo ammessa alcuna forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione.
Come tutti i grandi assiomi giuridici, anche questo principio conosce le sue eccezioni. Altrimenti non sarebbe possibile l’accertamento di un reato o l’esecuzione di una pena. Attività di indiscutibile rilievo sociale. Di certo non rinunciabili.
Ecco allora che lo Stato concepisce le limitazioni della libertà personale quale mezzo per garantire altri diritti fondamentali come l’uguaglianza, l’inviolabilità dei diritti, la sovranità popolare, la democrazia. In sostanza, l’Autorità giudiziaria può compiere atti di coazione sulla persona, laddove risulti necessario per accertare la commissione di un fatto considerato penalmente rilevante oppure per assicurare alla giustizia il suo autore.
Quando la perquisizione è legittima?
Tra le limitazioni alla libertà contemplate dal codice di procedura penale vi è la perquisizione personale. E’ un mezzo di ricerca della prova che consiste nel ricercare una cosa da assicurare al procedimento.
I 2 casi di perquisizione:
1- Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o le cose pertinenti al reato.
Affinchè possa dirsi legittimo questo tipo di perquisizione evidenzio che occorre la fondatezza del ragionamento presuntivo dell’Autorità Giudiziaria, la quale pertanto deve possedere serie ragioni per ritenere che la persona occulti le cose da assicurare al procedimento.
In particolare il corpo del reato è quella cosa sulla quale il reato è stato commesso ma anche quella cosa che ne costituisce il prodotto, il profitto o il prezzo (es. cocaina di ingente quantità per il reato di spaccio).
Le cose pertinenti al reato sono invece quelle che servono, anche indirettamente, ad accertare la commissione dell’illecito (es. il bilancino per misurare la cocaina).
La perquisizione può avvenire ad opera del Pubblico Ministero oppure, come più spesso accade, dalla Polizia Giudiziaria.
Ad ogni modo è importante sapere che, in questo caso, il soggetto che sta per essere sottoposto alla perquisizione ha diritto di farsi consegnare copia del decreto disposto dall’Autorità Giudiziaria, con l’avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purchè prontamente reperibile e idonea (maggiore di 14 anni).
II- Quando vi è flagranza di reato.
Questo tipo di perquisizione viene condotto dalla Polizia Giudiziaria, la quale può procedere di propria iniziativa (e quindi senza decreto dell’Autorità), qualora l’indagato venga colto in stato di flagranza. Ad ogni modo, per ritenere legittima questa perquisizione occorre che, nell’arco di 48 ore, venga convalidata dal magistrato.
Qualora l’esito della perquisizione sia positivo e quindi l’Autorità che ha eseguito la perquisizione abbia in effetti rinvenuto il corpo del reato o le cose ad esso pertinenti, potrà sottoporle a sequestro.
La perquisizione è un atto processuale non garantito per il quale, quindi, il Legislatore non ha previsto l’avviso al difensore. Questi può intervenire comunque purchè immediatamente reperibile. Il motivo è chiaro: il previo avviso potrebbe pregiudicare la ricerca, dal momento che l’indagato, venutone a conoscenza, ben potrebbe ad esempio celare o distruggere la cosa ricercata.
E’ quindi un atto a sorpresa, seppur non privo di garanzie. Il suggerimento è di chiedere sempre l’esibizione del decreto che dispone il sequestro e anche di essere assistito da un difensore di fiducia.
A presto
MN