Possono essere molteplici le ragioni per le quali qualcuno decida di registrare un dialogo, una chiacchierata o un colloquio telefonico all’insaputa del proprio interlocutore. Il più delle volte ciò accade per procurarsi la prova di un accadimento, magari una confessione o un fatto illecito. Frequente, ad esempio, è il caso di chi, sottoposto a minacce, accende segretamente il registratore del proprio smartphone per immortalare le intimidazioni e trasmetterle all’Autorità.
Soddisfiamo da subito ogni curiosità: la registrazione delle conversazioni all’insaputa dei presenti è legittima. Questo perché chi dialoga “accetta il rischio” di essere registrato (Cass. sent. 18908/2011). La Corte di Cassazione, in sostanza, dichiara che essa equivarrebbe alla presa di appunti scritti (Cass., sent. 7239/1999; Cass. sent. 36747/2003). E non è tutto: costituisce anche valido elemento di prova davanti a un Giudice, quale documento rappresentativo di un fatto storicamente avvenuto, pertanto pienamente utilizzabile nell’ambito del procedimento a carico del soggetto che ha preso parte alla conversazione registrata.
Tuttavia, l’utilizzo della registrazione per tutelare un proprio diritto, costituisce l’unica finalità che ne legittima la diffusione a terzi. Mentre, infatti, è sempre possibile conservarla, l’ordinamento non ne consente la divulgazione.
Ricapitolando: è possibile registrare una conversazione all’insaputa dei presenti. Conservarla o depositarla nell’ambito di un procedimento a propria tutela rappresenta l’esercizio di un diritto. Al contrario, non sarà possibile inoltrarla su whatsapp, pubblicarla sui social network o consentirne comunque l’ascolto a terzi.
Chiarite le questioni di fondo, occorre però svolgere alcune precisazioni a scanso di equivoci. Se infatti i concetti così come esposti possono apparire chiari e indiscutibili, non bisogna farsi ingannare dalle apparenze.
Perché l’operazione di registrazione possa dirsi lecita deve prestarsi ossequio a due condizioni imprescindibili:
1) Chi registra la conversazione deve essere presente
Non ha importanza se stia partecipando o meno alla conversazione ma occorre che chi raccoglie la comunicazione sia fisicamente presente o semplicemente venga percepito come tale dall’interlocutore. Diversamente, sono vietate le registrazioni audio compiute da un soggetto assente che ha lasciato il dispositivo audio attivo per raccogliere la conversazione di terzi. Si tratterebbe, in tal caso, di “intercettazioni”, le quali possono essere effettuate soltanto dalla Polizia Giudiziaria su autorizzazione della Procura della Repubblica.
2) La registrazione non deve avvenire nei luoghi di privata dimora dell’interlocutore
La giurisprudenza è decisa nel ritenere che la registrazione è illecita se avviene nella privata dimora dell’ignaro soggetto registrato o in altro luogo privato di pertinenza dello stesso: ad esempio, in casa della madre, l’abitazione di un suo parente o amico, il suo luogo di lavoro, presso il suo avvocato e anche all’interno della sua auto.
La Corte di Cassazione è arrivata persino a riconoscere l’illegittimità della registrazione effettuata da parte di un coniuge, di conversazioni che, in ambito domestico, l’altro coniuge intrattiene con un terzo.
Ma cosa comporta la violazione delle suesposte condizioni di legittimità?
I fatti relativi all’illecita captazione delle comunicazioni ben possono costituire il reato previsto all’art. 615 bis del codice penale, ovverosia “interferenze illecite nella vita privata”. Esso prevede la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni.
In conclusione, se si vuole registrare una conversazione di nascosto occorre sempre rispettare i requisiti di legittimità che dovrebbero caratterizzare tale operazione. Rimane comunque un ottimo metodo per procurarsi prove da utilizzare a propria tutela.
A presto
MN