Quando il rave party diventa reato.

Il 31 ottobre 2022 è entrato in vigore il D.L. n. 162/2022, contenente “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonchè in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 255 del 31 ottobre 2022.
L’art. 5 del detto decreto-legge, rubricato “Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali”, ha introdotto nel Codice penale l’art. 434-bis, che “tipicizza” il delitto di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Di seguito il testo della norma:
“L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.
Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita.
È sempre ordinata la confisca ai sensi dell’
articolo 240, comma 2, c.p., delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione”.
Le ragioni d’urgenza che hanno legittimato l’introduzione di questo reato per mezzo del decreto legge si rinvengono in occasione del rave party svoltosi a Modena a ottobre 2022, poi interrotto dalle forze dell’ordine.
E’ stata una norma sin da subito criticata dall’opposizione governativa perché, come scritta, potenzialmente applicabile oltre i casi di “rave party” per i quali la fattispecie trova giustificazione.
Per poter svolgere un’analisi oggettiva della norma di nuova introduzione, e in quanto tale scevra da sentimentalismi di matrice politica, occorre affrontare la lettura della fattispecie alla luce del criterio interpretativo imposto dal legislatore sin dal 1930: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore” (art. 14 preleggi).
Il primo comma ci consegna una definizione della condotta incriminata, ovverosia quella di chi invade terreno o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica: essa consiste nell’ “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
Appare chiaro che, in effetti, la fattispecie in questione possa applicarsi non solo ai casi di “rave party” essendo essi intesi, generalizzando, quali “raduni pericolosi” ma anche a tutte le altre ipotesi in cui, pur non trattandosi di un rave party in senso proprio (pensandolo come festa per intrattenimento e con installazione di casse acustiche), il raduno di più di 50 persone possa mettere in pericolo il bene giuridico protetto dalla fattispecie: “l’incolumità pubblica”.
Dunque vero è che la norma manca di tassatività nella sua formulazione letterale. Altrettanto vero, però, è che la lettura della norma operata attraverso il criterio che ricerca l’intenzione del legislatore (tutelare l’incolumità pubblica) ci permette di “circoscrivere” l’efficacia della fattispecie penale nei casi in cui venga concretamente messa in pericolo l’incolumità pubblica.
Ne consegue che la riflessione secondo cui la norma si applicherebbe a casi che vanno ben oltre il “rave party” è corretta, come altrettanto corretto è affermare che rientra nell’intenzione del legislatore punire forme di raduno che possano mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità.
In buona sostanza è l’interprete che, nel caso concreto, deve operare un bilanciamento dei diritti costituzionali, punendo condotte potenzialmente lesive della pubblica incolumità laddove l’ordine pubblico e, di conseguenza, la salute del cittadino, debbano considerarsi preminenti sugli altri diritti.
In effetti questo “modus procedendi” imposto dal legislatore non è sconosciuto a chi opera nel campo del diritto penale, essendo molteplici le fattispecie per le quali è lasciato margine discrezionale all’interprete, dovendo egli operare un bilanciamento tra i diritti costituzionalmente garantiti: (si pensi ad esempio alla diffamazione e al diritto alla libera manifestazione del pensiero, alle lesioni e alla scriminante della legittima difesa). Lo stesso bilanciamento dovranno operare i giudici di merito tra il reato in questione e il diritto di riunione, di cui molto si è parlato in tempi recenti.
Infatti si è detto che la fattispecie consentirebbe un’interpretazione così estensiva da mettere in pericolo la libertà costituzionale di riunione di cui all’art. 17 Costituzione.
Qualcuno potrebbe banalmente chiedersi, però, se è giusto sacrificare il bene dell’incolumità pubblica per consentire il libero esercizio della riunione, qualora questa assuma i caratteri e i connotati di una riunione pericolosa. Chi scrive ritiene che la risposta a questa domanda determini l’approccio di ciascuno alla scelta politica dell’introduzione della nuova norma.
La fattispecie è stata inoltre criticata perché potenzialmente capace di punire condotte soltanto prodromiche alla riunione, anticipando la rilevanza penale al momento “organizzativo” dell’evento.
In realtà la norma ammette la punibilità soltanto nel caso in cui venga commessa un’ “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, […] allo scopo di organizzare un raduno”.
Pertanto la fattispecie non potrà mai dirsi applicabile a quelle condotte “preliminari” volte a organizzare o preparare l’evento, senza che sia avvenuta un’illecita invasione da parte di più di 50 persone. In buona sostanza la punibilità è prevista solo al verificarsi dell’evento pericoloso.
Va inoltre precisato che le pene previste per il reato, per chi promuove o organizza l’invasione vanno dai 3 ai 6 anni di reclusione, oltre la multa. Lo stesso per il semplice partecipe, con diminuzione della predetta pena fino a un terzo. Sono pene che, in astratto, consentirebbero le attività di captazione nello svolgimento delle indagini. Inoltre, l’edittale delle pene non consentirebbe, quantomeno per i promotori e organizzatori dell’evento, l’ammissione al rito premiale della messa alla prova.

A presto
MN

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