Avv. Marco notarangelo
La parola “condominio” suggerisce da sè l’essenza del suo significato: condivisione della proprietà. Permettendoci, per un attimo, di esulare dall’ambito prettamente giuridico, valga riflettere sul fatto che sociologicamente la comunione di un bene, per l’appunto il condominio, rappresenta per l’uomo al contempo necessità e sofferenza. Non è infatti una novità, e anzi apparteneva già alla filosofia Aristoteliana del IV secolo a.C., che l’uomo è un essere sociale, per natura portato alla ricerca del contatto con gli altri individui, la cui massima rappresentazione si manifesta nella condivisione (materiale o di pensiero). Tanto più ce ne avvediamo oggi, costretti da una pandemia che ha fatto della socialità il desiderio più forte, a fronte di una privazione che è apparsa sin da subito dolorosa.

Tuttavia a questo desiderio pare spesso contrapporsi, con forza senz’altro dominante, un individualismo che fa dell’interesse personale l’oggetto delle proprie pretese. E tanto più ci si trova “vicini”, quanto più si acuisce l’istinto a separarsi.

E’ ciò che accade nell’ambito dei rapporti di condominio, connotati da una congenita attitudine alla condivisione degli spazi comuni e al rispetto delle stesse regole.

La reciproca “convivenza” è spesso messa a dura prova, in particolare quando si è costretti a sopportare le angherie di un condomino prepotente o di pessime abitudini. Molte di queste potrebbero superare la soglia del lecito, approdando nell’alveo di ciò che il legislatore considera penalmente rilevante.

Ma quali sono i reati configurabili nell’ambito dei rapporti tra condomini?

1) Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Art. 659 c.p.

Il reato in questione, che consiste in una contravvenzione, punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a € 309 chiunque, mediante schiamazzi o rumori, oppure abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, oppure suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone.

La Corte di Cassazione ha statuito che affinchè possa configurarsi il reato occorre che le emissioni sonore turbino la “normale tollerabilità”, lasciando quindi al Giudice l’onere di stabilire, caso per caso, il limite invalicabile della sopportazione.

Tuttavia, il condomino che produce rumori intollerabili non sempre potrà dirsi penalmente responsabile: il reato è commesso soltanto se l’attività rumorosa è tale da turbare non solo gli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione ma se, al contrario, è percepita come intollerabile da una parte consistente degli occupanti l’intero edificio (Cass., sent. 53102/2016).

2) Getto pericoloso di cose – Art. 674 c.p.

Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare le persone oppure, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a € 206.

Nell’ambito dei rapporti tra condomini, gli esempi sono molteplici e a solo fine esemplificativo se ne riportano alcuni affrontati dalla Suprema Corte.

– Configura il reato di “getto pericoloso di cose” la condotta di chi, mancando di pulire il recinto del proprio animale domestico, provoca le esalazioni provenienti dagli escrementi animali, le quali si propagano recando fastidio agli altri condomini (Cass., sent. 45230/2014);

– Stessa imputazione merita chi, coscientemente, lascia funzionare un impianto fognario difettoso. Ciò manifesterebbe, infatti, la volontà di arrecare disturbo o molestia alle persone (Cass. sent. 16459/2013);

– Anche gettare “cicche” di sigarette o detersivi corrosivi nel pianerottolo del condomino sottostante è ritenuto meritevole di pena (Cass. 6419/2007).

3) Stalking – Art. 612 bis c.p.

Il fenomeno dello stalking, etichettato nel codice sotto il nome di “atti persecutori” è già stato affrontato sufficientemente. Basti qui riflettere sul fatto che la giurisprudenza ha ormai da tempo riconosciuto, in forza della frequente ricorrenza di tale ipotesi delittuosa, lo “stalking condominiale”. Trattasi di reiterate angherie e tormenti subiti da un soggetto per opera di un condomino, il quale compie azioni moleste ripetute nel tempo e che costituiscono il frutto di un complessivo disegno criminoso. Tali comportamenti, si badi bene, potrebbero costituire già per sé reato e possono coincidere anche con quelle condotte punite alla stregua delle contravvenzioni sopra riportate. Ciò che realizza la configurazione del più grave reato di stalking è proprio la reiterazione dei comportamenti medesimi, tali da costringere il “condomino vittima” a modificare le proprie abitudini di vita e a gettarlo in uno stato di ansia.

4) Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza – Art. 616 c.p.

E’ possibile sporgere querela contro il condomino che viola il proprio diritto alla segretezza della corrispondenza, leggendo, comunicando a terzi oppure distruggendo il contenuto di lettere a lui non destinate. La norma, prevede infatti una pena della reclusione fino a un anno o la multa da € 30 a € 516 per chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, oppure sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne ad altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta oppure la distrugge o sopprime.

5) Interferenze illecite nella vita privata – Art. 615 bis c.p.

Il legislatore ha previsto la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni per chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi di privata dimora.

Configura pertanto detto reato la condotta del condomino che, dal proprio balcone di casa, raccoglie immagini o registra video di situazioni che avvengono all’interno dell’abitazione del proprio vicino.

Al contrario, la Corte di Cassazione ha escluso l’applicabilità del delitto all’ipotesi in cui taluno dei condomini applichi un impianto di sorveglianza in aderenza al muro del pianerottolo condominiale poiché, essendo le scale condominiali e il pianerottolo degli spazi riservati all’uso comune, non assolvono la funzione di privata dimora (Cass. sent. 34151/2017).

Violenza privata – Art. 610 c.p.

Occorre prestare attenzione anche a come si parcheggia negli spazi condominiali, soprattutto quando i rapporti tra i condomini non sono all’insegna della “pacifica convivenza”. Questo perché anche parcheggiare la propria auto poco fuori lo spazio di propria pertinenza può configurare un profilo di responsabilità penale. Nel 2017 la Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 53978/2017) ha infatti condannato un condomino che, in più occasioni, parcheggiava la propria auto oltre la linea di confine con il posto auto del vicino in modo da impedire a quest’ultimo di accedere al proprio posto auto. Al suo ennesimo parcheggio “fuori confine”, poiché incurante delle continue lamentele, il vicino si è rivolto alle Autorità, le quali hanno ritenuto configurato il delitto di violenza privata, che prevede la pena della reclusione fino a quattro anni.

Come tutelarsi?

Il primo suggerimento è sicuramente quello di segnalare all’amministratore di condominio i comportamenti illegittimi del vicino. Egli è infatti il responsabile dell’applicazione del regolamento condominiale e delle norme generali previste dal codice civile in materia e può, entro i limiti dei suoi poteri, svolgere un’attività di mediazione. E’ in effetti sempre auspicabile, quale epilogo della controversia in atto, una risoluzione stragiudiziale, in grado di scongiurare l’instaurazione di un processo penale.

Se tale tentativo rimanesse infruttuoso, non rimarrebbe che denunciare le condotte illegittime del condomino alle pubbliche autorità. Lo si può fare attraverso denuncia orale da sporgere dinnanzi agli organi di Polizia Giudiziaria, presentando l’informazione di reato presso la Procura della Repubblica o rivolgendosi ad un avvocato.

Si evidenzia, comunque, la necessità di presentare solide prove di quanto si rappresenta alle Istituzioni. In effetti i reati commessi nell’ambito dei rapporti condominiali si caratterizzano, frequentemente, per l’assenza di prove in grado di sostenere l’accusa, con la conseguenza che il procedimento penale si concluderà con l’archiviazione e, nella peggiore delle ipotesi, con una querela per calunnia avanzata dal vicino “accusato”.

E’ dunque buona cosa procurarsi prove documentali (registrazioni audio e video) e testimoniali, così da agevolare l’attività d’indagine degli inquirenti, a maggior conforto di un successivo rinvio a giudizio del soggetto indagato e soprattutto ad auspicio della desiderata interruzione dei comportamenti delittuosi.

A presto

MN