SI PUÒ COLTIVARE CANNABIS A FINI AGRO-INDUSTRIALI?

La cannabis è una pianta arbustiva o erbacea a ciclo annuale, di difficile classificazione botanica e normativa, per l’estrema diversità dei suoi componenti. Ogni pianta di cannabis produce tetraidrocannabinolo, consentendo di ricavare sostanza stupefacente, misurabile attraverso il quantitativo di THC, che è possibile destinare al consumo mediante fumo o inalazione.

In realtà storicamente la cannabis viene coltivata per ricavare la fibra della canapa, prodotto di grande valore nella filiera agroindustriale: tradizionalmente utilizzata per fabbricare cordami e tessuti pesanti di ogni tipo. Da decenni, a livello comunitario, la coltivazione della canapa a fini industriali è incentivata: la direttiva 2002/52/CE del 13 giugno 2002 del Consiglio dell’Unione Europea, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole prevede che in esso siano indicate tutte le verietà le cui sementi e materiali di moltiplicazione non siano soggetti ad alcuna restrizione di commercializzazione. Tra queste vi è la pianta della cannabis. Addirittura il Regolamento UE 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013 prevede incentivi economici per le superfici utilizzate per la produzione di canapa, ma “solo se il tenore di tetraidrocannabinolo delle varietà coltivate non superi lo 0,2%”.

In Italia, dove la coltivazione della canapa da fibra e la sua lavorazione sono state in passato una delle voci principali dell’economia di molte regioni, l’inasprimento della legislazione nazionale in tema di sostanza stupefacenti ha comportato di fatto il totale azzeramento della produzione. Questo in quanto nell’attuale formulazione, le tabelle delle sostanze stupefacenti non distinguono tra cannabis “indica”, in cui il livello di THC è nettamente più elevato, e cannabis “sativa”: il riferimento è generico alla pianta della cannabis poiché la legge n. 79/2014 ha eliminato qualsiasi tipo di qualificazione.

Ad ogni modo, la medesima legge del 2014 ha riscritto l’art. 26 del testo unico sulle droghe, consentendo espressamente, previa autorizzazione, la coltivazione della canapa finalizzata alla produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all’art. 27, consentiti dalla normativa dell’Unione europea. A tale disposizione si è aggiunta la legge n. 242 del 2016 che ha introdotto “norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa”, quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoi e della desertificazione e alla perdita di biodiversità. L’art. 2 della legge in questione, rubricata “liceità della coltivazione”, consente, senza più la necessità dell’autorizzazione, la coltivazione della varietà di canapa elencate nel Catalogo comune. Ad oggi sono elencate ben 75 varietà di canapa e tutte rispettano il livello richiesto dello 0,2% di THC.

USI CONSENTITI

Occorre evidenziare che le varietà di canapa indicate nel Catalogo possono essere utilizzate soltanto per gli usi consentiti all’art. 2 della legge: “dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1 è possibile ottenere:

a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;

b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;

c) materiale destinato alla pratica del sovescio;

d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;

e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;

f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;

g) coltivazioni destinate al florovivaismo.

OBBLIGHI DEL COLTIVATORE

Ai sensi dell’art. 3 della legge n. 242/2016 il coltivatore ha l’obbligo di:

1) conservare i “cartellini della semente acquistata”, per almeno 12 mesi;

2) conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente;

la cannabis è una pianta annuale: il suo ciclo vitale si completa con la fioritura, dopo la quale le radici, i fusti e le foglie muoiono. Pertanto non sono ammesse tecniche riproduttive di alcun tipo come la talea o la riproduzione per via agamica, in quanto è consentita esclusivamente la coltivazione di piante da seme certificato.

CONTROLLI

I controlli sul rispetto delle disposizioni normative possono essere ispezioni, prelevamenti di campioni e analisi di laboratorio. Sono di regola affidati al Corpo Forestale dello Stato, oggi Arma dei Carabinieri.

Qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0.2% ed entro il limite dello 0,6%, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni legislative.  Infatti il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni di legge possono essere disposti dall’autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di accertamento, risulti che il contenuto di TGC nella coltivazione sia superiore allo 0,6%. Ad ogni modo, anche in questo caso, il coltivatore che abbia rispettato le prescrizioni della legge n. 242/2016 non va incontro a sanzioni penali.

A presto
MN

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